«Dossieraggi» illeciti? Tre veneti nel mirino
La senatrice leghista dell’Ovest vicentino Erika Stefani, il sindaco veneziano Luigi Brugnaro di Coraggio Italia e il consigliere regionale del Pd a palazzo Ferro Fini Andrea Zanoni, sarebbero tra le numerosissime personalità bersagliate da una presunta centrale abusiva operante a Roma: sulla cui natura sta indagando la magistratura perugina
«Non sapevo nulla di tutto ciò. Apprendo da voi questa notizia». È laconica la senatrice trissinese del Carroccio Erika Stefani (nel riquadro) nel commentare i risvolti di una inchiesta della procura di Perugia che starebbe scuotendo i palazzi della politica in mezz’Italia e non solo. Gli inquirenti del capoluogo umbro infatti stanno indagando una quindicina di persone perché avrebbero dato vita ad una azione di «dossieraggio» illegale o quanto meno ad una serie lunghissima di accessi abusivi in danno di esponenti politici, del mondo economico, dello spettacolo e dello sport.
Tra gli indagati ci sarebbe un maresciallo della Guardia di finanza di Roma, già in forza alla procura nazionale antimafia, nonché un magistrato della capitale. Questo spiega il motivo delle indagini condotte dal procuratore capo perugino Raffaele Cantone. Per legge infatti, onde evitare conflitti di interesse, i possibili illeciti penali in capo ai magistrati romani sono competenza della procura della città dei tre santi. La senatrice Stefani, che peraltro ha un passato da ministro, nel pomeriggio di oggi 3 marzo ha diffuso una nota in cui precisa ulteriormente il suo pensiero.
LA NOTA
«La questione, che apprendo dai giornali, non mi preoccupa: ho sempre saputo che chi svolge un incarico pubblico non ha più segreti. Io non ho nulla da nascondere: dovranno comunque tradurre dalla lingua veneta visto che parlo al telefono solo in veneto». Poi dopo una parentesi più ironica la senatrice di Trissino, un piccolo centro dell’Ovest vicentino (di professione avvocato) entra nel vivo del problema. «La trasparenza in ogni caso non impedisce che vi possano essere violazioni di legge: quello che mi indignerebbe sarebbe ad esempio che fossero state intercettate le comunicazioni scritte o verbali con la clientela del mio studio legale. Il che è la violazione grave di una norma che fermamente lo vieta».
ECO SU TUTTI MEDIA NAZIONALI
Ad ogni modo le indagini portate avanti dal procuratore perugino stanno facendo eco su tutti media nazionali. Il Fatto quotidiano per esempio rivela come sia Cantone sia il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo abbiano deciso di chiedere di conferire con urgenza alla Commissione bicamerale antimafia e al Copasir (l’organismo che si occupa di sovrintendere al funzionamento dei servizi segreti). Il tutto per esporre, nei limiti consentiti dalla legge, alcuni elementi si sicuro interesse per i due organismi. L’inchiesta, a quanto è emerso in questi mesi sulla stampa, sarebbe nata da una denuncia presentata alcuni mesi fa da Guido Crosetto, attuale ministro della Difesa che milita in Fdi.
Qn invece spiega come tra gli indagati ci sarebbero anche otto giornalisti, tra Messaggero il Domani, che avrebbero inopinatamente attinto alle informazioni illegalmente raccolte. Sempre Qn riporta come ad essere oggetto del «dossieraggio» illecito ci sarebbe mezzo governo di centrodestra in carica: ma pure personaggi afferenti alle più disparate aree politiche da destra, al centro a sinistra. Il Domani, peraltro, in un servizio pubblicato ieri 2 marzo, difende la bontà della condotta dei propri cronisti. E per certi versi sminuisce la portata delle rivelazioni di molte testate italiane: anche sulla scorta di una nota ufficiale della procura perugina. Il quotidiano romano al contempo parla di attacco «alla libertà di stampa».
Stando poi al quotidiano la Verità, in edicola oggi, non ci sarebbe solo Stefani tra i politici veneti finiti al centro della attività della presunta centrale abusiva: giacché bersagli sarebbero stati pure il sindaco veneziano Luigi Brugnaro (Coraggio Italia), nonché il consigliere regionale veneto del Pd Andrea Zanoni: trevigiano di Paese, Zanoni è uno dei volti più noti a palazzo Ferro Fini, anche per le sue battaglie ambientaliste. Sempre secondo la Verità pure la consulente esperta in relazioni internazionali Cecilia Marogna (finita al centro del cosiddetto affaire Becciu), sarebbe parte offesa nell’ambito della inchiesta.
MAROGNA, SINDOCA, LA GDF DI CITTADELLA E IL CASO SAFOND
Rispetto al filone Marogna, per vero, c’è un elemento che potrebbe saldarsi alla vicenda penale lungo l’asse Roma-Perugia. A dare manforte alla difesa di Marogna, finita a processo in Vaticano, c’è l’ex 007 Riccardo Sindoca. I legali di quest’ultimo nell’estate del 2023 denunciarono una azione illecita di dossieraggio, imputandola alla Guardia di finanza di Cittadella, rispetto alla quale chiedevano lumi di ogni tipo: anche per capire se la manovra che aveva danneggiato loro nonché il loro assistito Sindoca avesse avuto una sponda presso pezzi delle istituzioni o degli apparati.
Del caso parlò VicenzaToday.it nonché Lecceprima.it in un lungo approfondimento pubblicato il 7 luglio dell’anno scorso. Sullo sfondo di quelle denuncia si stagliava il caso Safond: una magagna ambientale colossale che incombe sull’Alto vicentino. Della quale si era occupato anche il consigliere Zanoni. Pure lui per l’appunto sarebbe finito nel mirino della macchina da profilazione attivata, forse, a Roma.
Marco Milioni